Commuoversi e commuovere

Nell’inserto per il numero di maggio-giugno 2021 della rivista Scalabriniani, la Direzione generale presenta una riflessione sul sentimento della commozione e sulla sua funzione di motore delle politiche per il cambiamento. Eccone alcuni estratti

Da anni i migranti muoiono nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Europa. Fuggono per disperazione e trovano spesso chi sfrutta questa disperazione per il proprio tornaconto. La società europea sembra aver abbandonato i programmi di ammissione di nuovi immigrati e l’ostilità nei loro confronti continua a crescere.

In tutto questo, non c’è più posto per la commozione? Nell’inserto per il numero di maggio-giugno 2021 della rivista Scalabriniani, la Direzione generale presenta una riflessione proprio sulla necessità di commuoversi per la sorte dei fratelli e delle sorelle nel bisogno. Eccone alcuni estratti

L’incontro con le persone, sempre

«Da quando è cominciata la pandemia, sono molte le azioni di sostegno ai migranti, ai marittimi e ai pescatori messi in atto dai missionari che lavorano nella rete delle Stella Maris. Li hanno incontrati nei porti, li hanno visitati sulle navi, hanno portato loro oggetti di prima necessità, ricariche telefoniche per potersi mettere in contatto con la famiglia. Naturalmente, vi sono poi anche le iniziative di sostegno più generali, come gli incontri con le istituzioni preposte alla tutela dei migranti in vista di assicurare la protezione dei loro diritti. Ma al fondo ci sono incontri con persone (…).

Ci sono le centinaia di migranti ospitati nelle case del migrante e nei centri di attenzione al migrante durante la pandemia, quando non avevano una prospettiva, la possibilità di un lavoro. “La carità della gente è stata commovente. In un anno non abbiamo dovuto comprare un sacco di riso” ha detto padre Paulo Prigol, direttore dello Scalabrini Center for People on the Move a Manila. (…) Quando c’è commozione, quando l’indifferenza lascia il posto al coinvolgimento, qualcosa accade, qualcosa può cambiare, soprattutto per chi non sa da che parte girarsi, non vede via d’uscita. Ma c’è ancora spazio per la commozione, un sentimento che può avere vita breve, un sentimento di cui ci si stanca facilmente?»

La situazione europea

«Sono anni che i migranti muoiono nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere le coste dell’Europa. In questi anni ci sono stati innumerevoli tentativi di risolvere il problema. Iniziative dell’Unione Europea; iniziative di Italia, Spagna, Grecia, Malta, gli stati del sud Europa dove i migranti cercano di arrivare; accordi per la ridistribuzione dei migranti tra i paesi membri dell’Unione; accordi con i paesi di origine per non lasciar partire i migranti; decisioni di chiudere i porti; interventi di organizzazioni non governative per salvare i dispersi in mare. Tutto inutile.

Da una parte c’è chi è disposto a tutto per fuggire alla disperazione e c’è chi è disposto a tutto per trarre profitto da quella disperazione. Dall’altra vi è una società, quella europea, che ha abbandonato programmi di ammissione di nuovi immigrati, dato l’alto tasso di disoccupazione in molti stati, e che quindi sta spingendo la domanda di ingresso verso canali irregolari. Una società dove il sentimento contro i migranti continua a crescere e molti fomentano questo sentimento per il proprio tornaconto. In tutto questo non c’è più posto per la commozione».

Convenienza o convinzione?

«Ma possono le politiche essere basate sulla commozione? Machiavelli utilizza le figure allegoriche della “volpe e il lione” per indicare le doti di un politico, e cioè astuzia e forza. Non c’è figura allegorica per la commozione. Scritti più recenti, sempre nella corrente realista della teorizzazione politica, invitano i governanti a saper vestire le maschere che servono per conquistare e mantenere il potere. Anche se si dimostrassero attenti alla commozione, ci sarebbe sempre il sospetto che si tratti di una maschera, di convenienza, non di convinzione.

Come convenienza è dare credito alle rappresentazioni distorte dei movimenti migratori considerati parte della cosiddetta “economia globale illecita”, la commistione cioè tra la tratta delle persone, il mercato delle armi e della droga, e il terrorismo con la migrazione irregolare. Una commistione ipotizzata, mai empiricamente provata ma comoda da utilizzare».

È il momento della vergogna

«I migranti partono dalle coste della Libia e della Tunisia, muoiono in mare, ma continuano a partire. Si mettono sulla rotta balcanica, vengono fermati e maltrattati, ma continuano a riprovarci. Partono dall’Honduras in carovane verso gli Stati Uniti, vengono fermati alla frontiera, ma continuano a partire. Non partono pensando a cosa di male accadrà loro lungo la via. Partono sicuri che il rimanere è già male, è già senza speranza. Lungo la via trovano ristoro, riparo, una piccola luce nelle case del migrante, dove la commozione ha ancora posto. “La nostra casa è piena”, ha detto padre Patrick Murphy a Tijuana.

È nostro dovere saper coltivare questa commozione, saper pensare in modo diverso da chi agisce solo secondo la logica dell’interesse. Ed è nostro dovere anche agire perché la commozione non sia sopraffatta dall’indifferenza. Se il commuoversi dice empatia invece di apatia, il commuovere dice capacità di smuovere, anche utilizzando le parole di papa Francesco: “È il momento della vergogna”. Muoverci noi, che ne abbiamo fatto un impegno di vita e che se non facciamo niente dovremmo vergognarci, e muovere con noi anche gli altri».