Giornata mondiale del migrante 2021. Padre Chiarello: nell’incontro i migranti possono, da altri, diventare “noi

Domenica 26 settembre si celebra in tutto il mondo la Giornata che la Chiesa dedica ai vulnerabili costretti ad abbandonare la propria terra. La riflessione del superiore generale scalabriniano

Indetta dalla Chiesa nel 1914, la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato viene celebrata in tutto il mondo l’ultima domenica di settembre. Occasione per «dimostrare la preoccupazione per le diverse categorie di persone vulnerabili in movimento, per pregare per loro mentre affrontano molte sfide» (scrive la Migrants & Refugees Section, che in preparazione all’evento ha preparato una serie di video con l’invito di papa Francesco a conoscere più profondamente la realtà del fenomeno), quest’anno la Giornata cade il 26 del mese.

Le differenze creano armonia

La 107a edizione si concentra sul cammino di tutti gli uomini e le donne in questo mondo, orientato da un orizzonte comune, e il titolo scelto da papa Francesco per il suo messaggio è Verso un “noi” sempre più grande. Un’apertura di sguardo che è «un’operazione necessaria se si vogliono superare le fratture che caratterizzano la nostra storia si legge nella riflessione di padre Leonir Chiarello, superiore generale della congregazione scalabriniana Quanto più circoscritto è il “noi”, tanto più ampi sono gli altri e viceversa. (…) Lo sguardo del Santo Padre si alza così in alto da immaginare solo il “noi”. È lo sguardo dal punto di vista di Dio, che vede tutti come suoi figli. Da quello sguardo le differenze sono necessarie per creare armonia, come un quadro divisionista».

Un punto di vista che rende possibile incontrare i migranti in modo diverso: «Non si tratta tanto di rivali nella ricerca del posto di lavoro, ma di collaboratori nello sviluppo economico; non si tratta di diversi che disturbano un’armonia costruita negli anni, ma di altri che arricchiscono quell’armonia; non si tratta di parassiti con cui condividere modeste risorse, ma di persone che partecipano alla creazione di opportunità».

Nell’incontro i migranti possono, da altri, diventare “noi

Padre Chiarello passa poi a ricordare gli esordi e lo sviluppo della missionarietà scalabriniana, e di come essa si configuri proprio come il passaggio graduale e deciso verso un noi più grande. Determinanti sono stati l’amore per il Vangelo e la conoscenza del Fondatore: «All’inizio furono solo in due ad ascoltare l’appello di Scalabrini. All’inizio furono solo dieci i missionari mandati per la prima volta oltre oceano. Erano missionari per i migranti italiani nelle Americhe. Da allora, il nostro “noi” si è fatto sempre più grande. (…) Ed ora coloro che si riconoscono discepoli di Scalabrini provengono da ventisei nazioni diverse. Ed ora, i missionari di Scalabrini si trovano ad incontrare i migranti in trentatré nazioni diverse».

A esempio di questa prossimità, anche con quanti professano altre confessioni, il generale ricorda le Case del Migrante e i centri Stella Maris. «La Chiesa ci chiede di essere testimoni di come nell’incontro si può costruire umanità non ostacolata ma irrobustita dalla diversità – continua il messaggio – In modo specifico la Chiesa ci chiede di testimoniare e condividere come nell’incontro i migranti possano, da altri, diventare “noi”. È lo specifico della missione con i migranti, è lo specifico del carisma scalabriniano».