Dalla seconda ondata allo scenario post-vaccini: l’analisi degli scalabriniani

Nell’inserto per il numero di novembre-dicembre 2020 della rivista Scalabriniani, la Direzione generale presenta una riflessione sulla crisi in corso e le prossime migrazioni. Eccone alcuni estratti

Nell’ultimo anno caratterizzato dalla crisi prodotta dal coronavirus abbiamo più volte raccontato l’impegno degli scalabriniani nelle missioni di tutto il mondo in supporto ai bisognosi. Alla nostra serie In tempo di pandemia si è affiancata la pubblicazione di alcuni testi che hanno raccontato il momento attuale e l’intensa attività scalabriniana per rispondere alle sfide migratorie prodotte dal nuovo scenario globale (tra questi, Actuación scalabriniana en la pandemia covid 19 en Sudamérica).

Vi proponiamo quindi un ulteriore contributo della riflessione scalabriniana sul tema. Per il numero di novembre dicembre 2020 della rivista Scalabriniani, la Direzione generale scalabriniana ha infatti curato un contenuto intitolato La seconda ondata: un’attenta analisi in cui ci si interroga sullo scenario successivo a quello prospettato dall’arrivo risolutivo dei vaccini. Il testo è disponibile all’interno della rubrica Uno sguardo sul mondo scalabriniano dalla terrazza della Direzione Generale, pp. 19-20. Eccone alcuni estratti.

La comunicazione scalabrinana della solidarietà

«Tutti sanno che probabilmente bisognava gestire meglio la tregua. Spesso le tregue sono momenti che il nemico usa per riarmarsi. Altri hanno tenuto alta la guardia. (…) Come abbiamo gestito la tregua in congregazione? Già molto è stato raccolto.

I bollettini provinciali hanno dato spazio alle iniziative svolte; nella regione di Europa e Africa ha avuto molto risalto l’iniziativa #UnaSolaCasa e la rivista Scalabriniani ha illustrato altre attività; la regione del Sudamerica ha pubblicato Actuación scalabriniana en la pandemia covid 19 en Sudamérica; i centri studi stanno preparando una pubblicazione più analitica sull’impatto della crisi sui migranti; Scalabrini Press, la pagina Facebook di congregazione, ha regolarmente dato spazio alle iniziative svolte; lo Scalabrini International Migration Network (SIMN) ha promosso una campagna attraverso la quale ha potuto appoggiare varie case e centri dei migranti nei diversi continenti. Tutto bene.

E buona è anche la notizia che il tempo dei vaccini si avvicina. La storia insegna che nessuna pandemia dura per sempre e anche questa passerà. Ma dopo, sarà solo un ritorno a prima? E ci siamo preparati “adesso” alla missione con i migranti “dopo”?».

Un ruolo indispensabile

«Si può parlare di fine dell’era delle migrazioni? (…) Il livello di disoccupazione è cresciuto dappertutto. Le iniezioni di denaro pubblico nell’economia hanno consentito di non ricorrere a licenziamenti in massa e di proteggere la perdita di salario con sussidi. Questo però non può durare a lungo e alla ripresa dell’economia le aziende si troveranno di fronte alla forte pressione di assumere lavoratori autoctoni piuttosto che immigrati.

Molti immigrati non qualificati perderanno il lavoro anche perché sono occupati spesso nei servizi e nel commercio, due settori particolarmente colpiti dalla crisi. Tuttavia, non è immediato che la crescita della disoccupazione porti al licenziamento di immigrati per assumere gente del posto. Infatti, gli immigrati lavorano spesso in occupazioni essenziali. Tutti hanno preso coscienza dell’importanza di medici e infermieri stranieri, soprattutto in paesi come gli Stati Uniti e l’Europa. Ma lo stesso si può dire dei lavori nelle infrastrutture o delle occupazioni stagionali nel settore agricolo. Una parte del lavoro immigrato è ormai indispensabile nei paesi occidentali».

Migrazioni più precarie e meno protette

«C’è poi il versante dell’offerta. Infatti, se ci sarà meno domanda di lavoro immigrato, è anche probabile che ci sarà maggiore offerta di lavoratori disponibili ad andare all’estero. Il mercato del lavoro dei paesi da cui provengono gli immigrati ha limitate capacità di assorbire coloro che sono ritornati. (…) È facile prevedere che ci sarà un aumento dell’economia informale, con guadagni inferiori e meno protezione sul lavoro.

È molto probabile che ci sia un aumento della migrazione irregolare, con migranti e intermediari impegnati ad aggirare le norme e ad usare canali irregolari di ingresso e permanenza nel paese. (…) Con più alta disoccupazione è probabile che aumentino la xenofobia e l’odio per gli immigrati. Oltre alle restrizioni nell’ammissione di immigrati, non sorprende se ci sarà un aumento dell’intolleranza e della mancanza di rispetto per le diversità. L’onda sovranista troverà nuovo terreno per prosperare. (…)

Fine dell’era delle migrazioni? Forse no, perché gli squilibri demografici, sociali ed economici conservano la loro capacità di influire sulla mobilità umana e si sono fatti più profondi. Forse comincerà un’era di migrazioni più precarie e meno protette».

Dedicare la vita ai migranti

«Nei nuovi scenari che si aprono, quali domande si pongono alla nostra missione? (…) In tempo di pandemia si è imparato a utilizzare i mezzi di comunicazione sociale a servizio dell’evangelizzazione. Questa conoscenza va migliorata e utilizzata a fianco degli strumenti tradizionali della missione. Ma il mondo virtuale non può sostituire quello reale. Dobbiamo tornare a ridare all’Eucaristia la centralità di cui c’è bisogno per sentirsi comunità, per scambiarsi il segno di pace. La secolarizzazione ha ricevuto una spinta dall’abitudine a non andare in chiesa.

La precarietà che vivranno i migranti avrà bisogno di incontrare la solidarietà di chi ha deciso di dedicare loro la vita. La congregazione è venuta sviluppando strutture in cui si è dato ampio spazio all’accoglienza, alla protezione, alla formazione e all’inserimento nel mondo del lavoro. Sono strutture di cui ci sarà ancora bisogno, ma che dobbiamo saper rendere efficaci attraverso la collaborazione di altri, in particolare le organizzazioni internazionali. Il nostro servizio ai migranti non è una moda, è un impegno di vita e deve essere sostenibile».