Una speranza che trasfigura

Di fronte all’instabilità lavorativa, allo sfruttamento e al conflitto tra culture la cura dell’altro può aprire una strada

Secondo padre Alfredo Gonçalves, vicario generale della congregazione scalabriniana, sono sette le realtà alle quali prestare particolare attenzione nell’odierno quadro sociale e politico. Nella scorsa puntata si è parlato di gioventù “orfana” e famiglia. In questo secondo articolo vedremo il mondo del lavoro, il protagonismo femminile e la situazione dei migranti.

Preservare la dignità dei lavoratori

In campagna e in città i rapporti di lavoro subiscono cambiamenti rapidi e profondi. Parole come flessibili o esternalizzazione ed espressioni come riforma delle pensioni suonano allarmanti per lavoratori e lavoratrici che hanno duramente guadagnato i propri diritti. I risultati di queste politiche sono prevedibili: migliaia di lavoratori senza terra, senza lavoro e senza tetto; crescita di disoccupazione, sottoccupazione e lavoro temporaneo, per non parlare di altre forme di sfruttamento; precarietà dei servizi pubblici di istruzione, sanità, trasporto collettivo, sicurezza ecc.

Crescono la paura di perdere il lavoro e l’affanno nel cercarlo. In entrambi i casi, un’instabilità permanente, che dal lavoro si estende alle relazioni familiari. I sogni e l’orizzonte di non pochi giovani sono strozzati sul nascere. Certo, nascono nuovi servizi, nuove posizioni e nuove professioni. Ma rimane l’enorme compito di ricreare posti di lavoro e, allo stesso tempo, ripristinare i diritti che fanno del lavoro la chiave della dignità umana.

Dalla devastazione alla convivenza

Il protagonismo femminile non è nuovo, ma ha acquisito una visibilità sempre più espressiva e rilevante. Visibilità che, a sua volta, acquisisce una crescente incidenza sociale, economica, politica e culturale. La storia degli ultimi secoli, il modo di produzione capitalista e il pensiero liberale sono fortemente segnati dal carattere maschile, dall’obiettivo di sfruttare all’estremo le risorse naturali, la forza lavoro umana e il patrimonio culturale delle città in funzione del profitto e dell’accumulazione di capitale.

La speranza è che l’approccio femminile, anziché privilegiare questi mezzi e obiettivi possa imporre un cambio di rotta e un nuovo percorso di sviluppo, verso una maggiore cura della vita e la conservazione dei prerequisiti per la fioritura della biodiversità. Questo è ciò che alcuni chiamano il passaggio paradigmatico: dal godimento e dalla devastazione senza misura alla convivenza pacifica e armoniosa con tutte le forme di vita. Più vicine al concepimento, alla generazione e alla vita concreta, le donne possono aiutare ad aprire orizzonti nuovi e alternativi nel solco della storia.

La moltitudine dei senza patria

Ovunque, migranti, profughi, rifugiati, espatriati, deportati, itineranti si stanno moltiplicando. Moltitudini in esodo che vagano per le strade del mondo. Nell’orizzonte della mobilità umana, ad aumentare non sono soltanto i numeri delle persone in viaggio, ma anche povertà e la violenza, l’intolleranza e ostilità, il rifiuto e la discriminazione, per non parlare di pregiudizi, xenofobia e incertezza per il futuro.

Fra coloro che sono costretti a spostarsi da un luogo all’altro aumenta il numero di donne, bambini e giovani adolescenti. Sintomo di un conflitto di culture e civiltà o di una società decadente ma la cui speranza è capace di trasfigurarsi di fronte a un futuro alternativo e ricreato? Come sosteneva il beato Giovanni Battista Scalabrini, le migrazioni possono servire al disegno di Dio, al fine di cambiare il corso della storia.

Padre Alfredo J. Gonçalves, cs