Carovana migrante dall’Honduras. Il racconto degli scalabriniani
Parlano i padri Carbajal, Verzeletti e Murphy, impegnati in Guatemala e in Messico nell’accoglienza della carovana provenienti dal Centro America
La situazione
Una carovana composta da quasi 4mila migranti e partita il 15 gennaio 2020 dall’Honduras e da altri paesi del Centro America in direzione degli Stati Uniti ha raggiunto il 20 gennaio il Rio Suchiate, che segna il confine tra Guatemala e Messico. Una parte dei migranti che compongono la carovana è riuscita ad attraversarlo ma per quasi cinquecento di loro il Messico ha già disposto il rimpatrio. Al 23 gennaio 2020 erano invece dopo il blocco della guardia nazionale guatemalteca, molte delle quali si spostano per cercare rifugio in altre parti del paese.
Il 24 gennaio sulla situazione si è espresso anche il cardinale Álvaro Leonel Ramazzini Imeri, presidente della Pastoral de Movilidad Humana CEG, organo della conferenza episcopale guatemalteca, che in un comunicato ha denunciato le cause del fenomeno invitando tutti alla collaborazione.
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Dal Guatemala: padre Carbajal e padre Verzeletti
Carbajal: “Cominciamo a pensare che la cosa sia voluta e faccia parte di un gioco più grande”
Sulle cause di questa ondata migratoria si è espresso padre Jual Luis Carbajal, missionario scalabriniano e segretario nazionale della Pastoral de Movilidad Humana CEG della conferenza dei vescovi del Guatemala. In Honduras e negli altri territori di provenienza dei migranti della carovana la povertà, la violenza e le minacce ai diritti umani sono semplicemente insostenibili.
Il Guatemala riesce con molta fatica a portare avanti l’accoglienza tanto più che, non potendo entrare in Messico a causa del blocco imposto dal 20 gennaio, anziché concentrarsi in un’unica zona i migranti stanno cercando rifugio in varie parti del paese. Voler considerare il Guatemala un terzo paese sicuro per i migranti è irragionevole (alla carovana si sono aggiunti anche dei guatemaltechi). Per questo il nuovo presidente, Alejandro Giammattei, ha dichiarato di essere contrario all’accordo stipulato tra il suo predecessore Morale e Trump. Accordo secondo il quale chi richiede asilo negli Stati Uniti può attenere la risposta in Guatemala.
Padre Carbajal, che è in contatto con i corrispettivi servizi alla mobilità umana della Chiesa messicana e di quella honduregna, non ha dubbi sul fatto che esista un solo modo per evitare questo enorme spostamento di persone, e cioè migliorare la situazione in Honduras e negli altri stati di partenza.
Intervistato da SIR, ha dichiarato: «Qui in Guatemala cominciamo a pensare che la cosa sia voluta e faccia parte di un gioco più grande, che sfrutta queste persone per lanciare un allarme generalizzato da offrire in pasto all’opinione pubblica, soprattutto negli Usa, per far crescere la paura dei migranti».
In riferimento alla decisione del Messico di rimpatriare i quasi cinquecento migranti che erano riusciti ad attraversare il Suchiate, padre Juan Luis Carbajal ha poi dichiarato: «Constatiamo e condanniamo la mancanza di volontà di identificare le persone bisognose di asilo o rifugio e di garantire l’accesso alla procedura. (…) le persone devono essere informate dei loro diritti e, tra questi, c’è quello di chiedere protezione, asilo, rifugio nel Paese che scelgono, che sia il Guatemala, il Messico o gli Stati Uniti. Esortiamo i Paesi della regione a realizzare le loro buone intenzioni per garantire il rispetto della dignità e dei diritti umani delle persone in una situazione di migrazione».
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Le minacce a Verzeletti e al personale della Casa del Migrante
Anche padre Mauro Verzeletti, che in Guatemala dirige la Casa del Migrante a Ciudad de Guatemala, si è espresso più volte sulla situazione. «Abbiamo dovuto gestire una situazione molto complessa, la nostra struttura non ha potuto prestare attenzione a tutti coloro che arrivavano – ha detto a Reuters padre Verzeletti – Abbiamo dato accoglienza a 767 persone migranti, tra cui 126 donne e 151 bambini. Tra queste, 729 provenivano dall’Honduras».
Anche da padre Verzeletti arriva verso i fratelli migranti che attraversano il territorio americano. Un invito ancor più significativo da quando lo scalabriniano, come racconta lui stesso in un video pubblicato da La Hora, ha iniziato a ricevere minacce e intimidazioni al telefono contro di lui e il personale della struttura che supporta quanti cercano di raggiungere gli Stati Uniti, «con un linguaggio molto pesante, molto duro e che mette davvero a repentaglio la mia vita e di tutto il personale che assiste alle emergenze delle carovane dal 2018».
A seguito della denuncia, la Direzione generale scalabriniana e l’Instituto Guatemalteco de Migración hanno espresso la propria solidarietà a padre Verzeletti e al personale della struttura, chiedendo inoltre alle stesse autorità di indagare sui fatti denunciati.
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Dal Messico: padre Murphy e Casa Scalabrini CPM
Murphy: “Il Messico sta prestando attenzione a Trump, non ai diritti umani”
Sulle misure del governo messicano nei confronti dei migranti della carovana che sono riusciti a oltrepassare il confine, si è espresso anche padre Patrick Murhpy, direttore della Casa del Migrante di Tijuana. Lo scalabriniano ha affermato che il governo deve aiutare la popolazione che sta fuggendo dalla violenza e dalla mancanza di opportunità di lavoro: «C’è una mancanza di rispetto, il Messico sta prestando attenzione a Trump, non sta prestando attenzione ai diritti umani – ha detto padre Murphy a El Sol de Tijuana – Le persone continueranno a venire perché le muove la povertà. Dobbiamo cercare una soluzione più vasta, il Messico aveva una volta la reputazione di essere un paese libero».
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I tre comunicati congiunti del Centro de Pastoral Migratoria di Guadalajara
Si trova in Messico anche Casa Scalabrini – CPM, il Centro de Pastoral Migratoria di Guadalajara, che sulla drammatica situazione della carovana di migranti si è espresso con un comunicato già all’indomani della sua partenza, il 16 gennaio 2020: «Come missionari scalabriniani, continueremo ad assistere, a prenderci cura e a proteggere i nostri fratelli e sorelle che vedono nella migrazione l’unica possibilità per una vita dignitosa.
Ricordiamo che si sta avvicinando un periodo di elezioni negli Stati Uniti, dove le migrazioni irregolari sono state una questione elettorale, e dove il tema è stat strumentalizzato per generare più xenofobia nel popolo americano e giustificare la costruzione del muro sul confine settentrionale. Siamo invitati a non criminalizzare le persone che sono costrette a lasciare il loro paese di origine, e a informare nel modo più obiettivo e chiaro possibile su cosa sia il fenomeno migratorio».
E poi ancora, con due altri comunicati congiunti, il 17 gennaio e il 18 gennaio, in cui gli scalabriniani presenti negli stati di El Salvador, Guatemala, Messico, USA e Canada, ricordando l’impegno all’accoglienza condotto dalle realtà scalabriniane in Guatemala (la Case del Migrante di Ciudad de Guatemala e Tecún Umán e la Parroquia Señor de las Tres Caídas), invitano però ancora una volta a considerare con preoccupazione lo sfruttamento di persone vulnerabili in concomitanza con il periodo delle elezioni negli Stati Uniti.
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