Il 9 maggio si è conclusa l’edizione 2019 delle Giornate SIMI

Nell’ultimo appuntamento del ciclo di conferenze dedicato al tema “Governare la paura”, si è parlato delle conseguenze della paura sulle politiche migratorie di integrazione

Per ascoltare il parere di studiosi ed esperti del fenomeno migratorio, lo Scalabrini International Migration Institute – SIMI organizza ogni anno le Giornate SIMI, una serie di conferenze che si svolgono a Roma da febbraio a maggio e che vengono condotte in collaborazione con la Fondazione Centro Studi Emigrazione di Roma (CSER) e Casa Scalabrini 634.

L’edizione di quest’anno, che aveva per tema Governare la paura ed era dedicata all’analisi e alla comprensione del sentimento di insicurezza che ostacola la solidarietà verso i migranti, si è conclusa giovedì 9 maggio 2019 con il terzo appuntamento (gli altri erano il 21 febbraio e il 21 marzo).

Nell’ultimo incontro svoltosi nella sede scalabriniana di Via Dandolo 58 e moderato da Maurizio Di Schino, della Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI), gli interventi hanno riguardato la paura come regolatore sociale e culturale e le conseguenze per le politiche migratorie e di integrazione. I relatori erano Pamela HarrisMattia VitielloAlfonso ApicellaTatiana Esposito.

A chiudere la giornata, l’intervento di padre Aldo Skoda, preside del SIMI. L’appuntamento ha coinciso con la settima giornata di formazione giornalistica Comunicare l’immigrazione, promossa da CSER insieme all’Ufficio Comunicazione Scalabriniani (UCoS).

Il 9 maggio si è conclusa l’edizione 2019 delle Giornate SIMI Nell’incontro moderato da Maurizio Di Schino, della Federazione Nazionale Stampa Italiana – FNSI, gli interventi hanno riguardato la paura come regolatore sociale e culturale e le conseguenze per le politiche migratorie e di integrazione. I relatori erano Pamela Harris, Mattia Vitiello, Alfonso Apicella e Tatiana Esposito

Pamela Harris: “La paura del migrante è anche paura economica

«La paura dei migranti non è solo paura dei migranti: è associata a una paura economica (ansietà di status, status anxiety) di perdere terreno nei confronti degli altri, di perdita del privilegio» ha dichiarato Pamela Harris, Assistant Professor of Law presso la John Cabot University.

«Le attuali politiche xenofobe americane sono radicate in una narrativa jeffersoniana unitaria che vede la cittadinanza come realtà omogenea; dall’altra parte, una narrativa rivale madisoniana, secondo cui le virtù del popolo sono invece radicate nella diversità e nel pluralismo. Queste due correnti continuano ad alternarsi: ora tocca nuovamente alla prima.

«Trump ha lanciato la sua carriera politica mettendo in dubbio la cittadinanza americana di Barack Obama. Ilsuomuronon ha nessun valore pratico, masolo valore simbolico e quindi un enormevalore politico (enorme). Negli USA però, anche se qui non ne abbiamo forse notizia, la società civile, laica e religiosa, è molto attiva e mobilitata».

Mattia Vitiello: “Anche una narrazione positiva può negare l’umanità del rifugiato

«Parlando di paura, da sociologo si rischia di trascendere e far diventare una caratteristica individuale una caratteristica collettiva – ha detto Mattia Vitiello, ricercatore presso l’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (IRPPS-CNR) – ma storici ed economisti (scienziati sociali) oggi parlano molto dei sentimenti e in particolare della paura.

«La paura è usata come metodo di governo anche nelle democrazie liberali, dove all’impero e alla coercizione dovrebbe sostituirsi la condivisione. Campo di applicazione sono le politiche di immigrazione e integrazione, che possono agire come strumento di separazione proprio come i muri. Avendo rinunciato all’umanesimo, la proprietà vale più della vita e l’unico modo di governare è la guerra.

«Anche una narrazione positiva nega l’umanità del rifugiato, perché annienta il suo passato schiacciandolo nel presente, ne disconosce l’originalità. Cosa possiamo fare? Riprendere il concetto di sacralità della vita: tu devi essere salvato non solo in mare ma anche una volta arrivato in Italia. E diamo loro il diritto di voto, altrimenti non saranno mai riconosciuti come soggetto politico e si continuerà a reificarli, considerandoli cose e permettendo che vengano minacciati».

Il 9 maggio si è conclusa l’edizione 2019 delle Giornate SIMI Nell’incontro moderato da Maurizio Di Schino, della Federazione Nazionale Stampa Italiana – FNSI, gli interventi hanno riguardato la paura come regolatore sociale e culturale e le conseguenze per le politiche migratorie e di integrazione. I relatori erano Pamela Harris, Mattia Vitiello, Alfonso Apicella e Tatiana Esposito

Alfonso Apicella: “L’incontro può “ammazzare” l’angoscia per lo sconosciuto

«Chi si scaglia contro i migranti è spesso chi non ha mai toccato la mano di uno di loro – così Alfonso Apicella, Campaign Coordinator di Caritas InternationalisÈ l’incontro che può “ammazzare” l’angoscia per lo sconosciuto.

«Caritas Internationalis raccoglie 173 enti che si occupano di giustizia sociale in tutto il mondo. Ogni quattro anni una campagna per promuovere la discussione su argomento di rilevanza internazionale. Per riportare sulla scena la sacralità della vita, abbiamo promosso “Share the Journey” sulla cultura dell’incontro. Un invito a uscire dalla propria comfort zone per incontrare l’altro».

Tatiana Esposito: “Il tema migratorio richiede studio e preparazione

«I giornalisti hanno una responsabilità enorme nella titolazione del pezzo, che può amplificare e generare incidenti» ha dichiarato Tatiana Esposito, dellaDirezione generale dell’Immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

«Il tema migratorio è molto complesso, richiede preparazione, studio e fatica. Immigrazione non è solo sbarchi. La conoscenza che raccogliamo, la condividiamo. Un sito? Eccolo: www.integrazionemigranti.gov.it».