Presentata a Roma la Red Eclesial Pan Amazónica
Nata nel settembre 2014 a Brasilia la Red Eclesial Pan Amazónica promuove un rapporto responsabile e sostenibile con l’Amazzonia appunto. Il 2 marzo 2015 la REPAM è stata presentata a Roma, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede
Nata nel settembre 2014 da un incontro a Brasilia tra il Pontificio consiglio della Giustizia e della Pace e i vescovi, i sacerdoti, i missionari, i laici, i rappresentanti di organizzazioni cattoliche della regione amazzonica, la Red Eclesial Pan Amazónica (REPAM) promuove un rapporto responsabile e sostenibile con uno degli ultimi polmoni della Terra, l’Amazzonia appunto, minacciata dalle deforestazioni e dallo sfruttamento delle risorse, violenze che pesano duramente sulle popolazioni locali e non solo. Il 2 marzo 2015 la Rete Ecclesiale Panamazzonica è stata presentata a Roma, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede.
La “risposta di Dio” alla necessità delle genti amazzoniche
Chiaro il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio consiglio della Giustizia e della Pace, che nel suo intervento ha sottolineato come «è in gioco la difesa della vita di svariate comunità che, sommate, rappresentano oltre 30 milioni di persone. Esse sono minacciate dall’inquinamento, dal radicale e rapido cambiamento dell’ecosistema dal quale dipendono e dalla mancata tutela di fondamentali diritti umani. Si potrebbe anche aggiungere certi desideri di sperimentazione in questa zona, nella foresta, di nascosto agli occhi del mondo».
La regione amazzonica – vasta sei milioni di km quadrati, tra Guyana, Suriname e Guyana Francese, Venezuela, Ecuador, Colombia, Bolivia, Perù, Brasile – esige un impegno nuovo. Monsignor Pedro Ricardo Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo in Perù e presidente del Dipartimento di giustizia e solidarietà del Consiglio episcopale latinoamericano ne è convinto, ribadendo che la REPAM «è qualcosa che va al di là di una semplice rete digitale: è l’incontro fra persone diverse nell’ampio territorio amazzonico.
La REPAM è stata creata come risposta di Dio, organica e articolata, a questa necessità sentita e urgente di proteggere la vita delle persone, affinché vivano in armonia con la natura […] Riaffermiamo dalla REPAM quello che dice Papa Francesco: la Chiesa non è presente in Amazzonia come coloro che hanno già pronte le valigie per andarsene, dopo averla sfruttata. Sin dal principio è presente con missionari, congregazioni religiose, vescovi, sacerdoti e laici e la sua presenza è fondamentale per il futuro della zona».
Promuovere la cooperazione delle chiese di frontiera in Amazzonia
Padre Sidney Dornelas, missionario scalabriniano intervistato a margine della conferenza stampa romana, collabora nella REPAM come membro della Commissione Episcopale Brasiliana per la Missione continentale. Il nucleo di questo progetto, ci racconta, sta nel promuovere la cooperazione interecclesiale delle chiese di frontiera in Amazzonia (Perù, Colombia e Brasile), fatto che tocca anche le problematiche migratorie che come scalabriniani già affrontiamo da tempo nella missione di Manaus.
Mentre appare già definita ai livelli ecclesiale ed episcopale, la REPAM ha finora incontrato difficoltà a trovare interlocutori a livello locale; e non appare facile neppure la ricerca di fondi, fondamentale per sostenere le varie iniziative. Altri scalabriniani e scalabriniane sono stati coinvolti finora nel cammino, soprattutto nel primo incontro della pastorale sociale sopra i cambiamenti climatici dell’Amazzonia, avvenuta nel settembre 2014 in Brasile e che ha in qualche modo preparato quello avvenuto in questi giorni a Roma.
Le nuove sfide della REPAM
Il lavoro va dunque intensificato e si configura come una delle priorità per il prossimo futuro. Altre sfide che attendono la REPAM sono: la formazione e l’accompagnamento pastorale, l’approfondimento della questione della difesa dei diritti umani fondamentali, il garantire un maggiore protagonismo delle popolazioni locali amazzoniche e, in ultimo, l’articolazione, divulgazione e l’impegno della chiesa locali.
Come scalabriniani la pressione che si sta facendo è quella relativa al tema della migrazione e del rifugio affinché entrino nella agenda della REPAM, magari anche nella prospettiva di un lavoro sinergico con i due centri scalabriniani di Studio di São Paulo e di Buenos Aires che hanno già condotto studi e ricerche a riguardo.
Padre Gabriele Beltrami