Cent’anni di Stella Maris. Padre Chiarello: “Insieme alla Chiesa, dobbiamo saper rinnovare la nostra missione”
Il 4 ottobre 1920, nasceva l’Apostleship of the Sea, l’organizzazione cattolica al servizio dei marittimi, dei pescatori e delle loro famiglie in tutto il mondo. Ecco il messaggio del superiore generale scalabriniano
Esattamente cento anni fa, il 4 ottobre 1920, nasceva l’Apostleship of the Sea (o AOS, Apostolato del Mare), l’organizzazione cattolica al servizio dei marittimi, dei pescatori e delle loro famiglie in tutto il mondo. Una felice occasione per la quale è stata comunicata la decisione di cambiare nome all’ente, che d’ora in poi si chiamerà Stella Maris.
Come reso noto lo scorso ottobre per l’apertura dell’anno del centenario, la ricorrenza doveva essere celebrata con un convegno internazionale a Glasgow, la città scozzese in cui un secolo fa un piccolo gruppo di persone perfezionò l’iniziativa di assistenza religiosa ai marittimi affiancandovi quella morale e sociale (tramite la visita alle navi nei porti, la distribuzione di letteratura cattolica e l’istituzione di luoghi di ricreazione per i marittimi cattolici).
Anche se il 4 ottobre sarà possibile seguire online la Messa presieduta proprio a Glasgow dall’arcivescovo Philip Tartaglia, la serie di iniziative celebrative previste è stata cancellata a causa della pandemia. «Ma se non si realizza il grande evento celebrativo, continua e anzi si fa più impellente il servizio che i cappellani rendono ai marittimi» ha dichiarato padre Leonir Chiarello.
Padre Chiarello: “Un ministero alle origini della congregazione”
Nel suo messaggio per il centenario, il superiore generale scalabriniano ha ricordato come questo ministero di presenza e di assistenza, reinventato durante la pandemia grazie alle possibilità offerte dai moderni media, riporti alle origini della congregazione scalabriniana, quando migliaia di migranti italiani si avventuravano per mare verso l’America. «Scalabrini rispose al problema soprattutto istituendo la Società San Raffaele, che operò in quel settore fino al 1923. E fu lui stesso “cappellano di bordo” durante le due traversate dell’oceano, prima verso gli Stati Uniti (1901) e poi verso il Brasile (1904)».
Oggi che il 90% di ciò che si acquista arriva via mare, sono circa 1,6 milioni i marittimi nel mondo, costantemente a lavoro a bordo di circa 70mila navi. «La vita del marinaio è protetta da convenzioni internazionali, ma il rispetto delle norme lascia spesso a desiderare, in particolare per i marinai dequalificati e per i pescatori – continua padre Chiarello – E in questi mesi, sul mondo dei marittimi si è abbattuta, come su tutti, la pandemia, creando grosse problematiche».
Missionari scalabriniani vicini ai marittimi
Lo conferma anche padre Bruno Ciceri, direttore internazionale dell’organizzazione, intervistato da Vatican News: «Con la pandemia il nostro modo di portare assistenza pastorale è cambiato. I cappellani non sono più potuti andare sulle navi e hanno dovuto utilizzare i social per condurre il loro ministero. (…) Il nostro futuro sarà, dunque, quello di essere sempre presenti nei porti perché essi possono essere considerati come le periferie del mondo, utilizzando un termine molto caro a papa Francesco».
Accanto a chi è sottoposto a un duraturo stress fisico e mentale sulle navi c’è infatti chi è bloccato a terra dalle restrizioni e chi, impossibilitato a tornare a casa, si trova nel limbo delle strutture di accoglienza. Anche scalabriniane: «Da Buenos Aires a Montevideo, da Santos a Rio de Janeiro, da Ravenna a Cape Town, da Manila a Kaohsiung e a Tokyo, i missionari sono stati vicini ai marittimi, e in qualche struttura li hanno ospitati per lungo tempo – si legge ancora nel messaggio di padre Chiarello – In occasione di questo centenario, ci sentiamo vicini a loro e a coloro che ospitano e chiediamo di saper utilizzare le opportunità che ci vengono offerte per irrobustire questo nostro servizio nel mondo della mobilità umana».
Un nuovo nome, un nuovo logo
A partire da quest’evento, l’Apostleship of the Sea sarà conosciuto solo come Stella Maris. Un cambiamento reso necessario dalla confusione e i fraintendimenti che la compresenza di più nomi aveva finora generato nei diversi paesi in cui l’organizzazione opera (cinquantacinque in tutto il mondo).
Man mano che si andavano diffondendo, infatti, i nuovi centri AOS istituiti nei porti venivano chiamati Stella Maris, tradizionale appellativo della Vergine Maria, considerata la guida che conduce a Cristo. Si è optato per quest’ultimo in quanto, ha spiegato padre Ciceri, essendo latino non ha bisogno di essere tradotto e assume così un un potenziale maggiore, di portata globale.
Nuovo anche il logo che conserva, in forma essenziale tutti gli elementi originali, rendendolo facilmente riconoscibile dalle navi a prescindere dal meteo e dalla distanza. «È cambiato il logo, ma è rimasta l’ancora della speranza, il salvagente della fede e la carità del cuore di Gesù – conclude padre Chiarello – Insieme alla Chiesa, dobbiamo saper rinnovare la nostra missione, rimanendo missionari temuti dai tristi e invocati dagli infelici che si trovano nelle angustie. A Maria, Stella Maris, affidiamo tutti i marittimi, i pescatori e le loro famiglie, perché li conduca al porto sicuro dell’amore del Padre».