Appunti sul fenomeno migratorio in Portogallo
Dal 23 al 29 settembre 2019 padre Alfredo Gonçalves, missionario scalabriniano e consulente nella sezione “Mobilidade Humana” della Conferência dos Bispos do Brasile – CNBB (la conferenza episcopale brasiliana), ha visitato il Portogallo ed è intervenuto in una serie di conferenze ed eventi. Ecco alcune sue considerazioni
Su invito dell’Obra Católica Portuguesa de Migrações (OCPM) e di Caritas Portuguesa, dal 23 al 29 settembre 2019 abbiamo visitato alcune regioni e diocesi del Portogallo. (…) Questa esperienza si traduce in alcune osservazioni sul tema della mobilità umana.
La prima ha a che fare con la storia del Portogallo come paese di emigrazione, tanto dal territorio continentale quanto dalle isole atlantiche. Nel corso dei secoli, è stato un popolo spesso in diaspora, come tanti altri in tutto il mondo. Numerose persone e famiglie hanno lasciato il proprio territorio, per paesi come Brasile, Venezuela, Stati Uniti, Canada, Germania, Inghilterra, Francia, Svizzera, Lussemburgo, Belgio, Sudafrica, Angola, Mozambico e Australia tra gli altri.
Sempre più un polo di attrazione
Attualmente, mentre la popolazione del Portogallo è di circa 10 milioni, si stima che il numero di portoghesi residenti al di fuori del paese sia di circa 5 milioni. Molti hanno lasciato la propria terra con il sogno di costruire un futuro meno precario, tanto nei paesi centrali e più sviluppati in Europa e Nord America quanto in altre nazioni emergenti.
Altri, soli o accompagnati dalla famiglia, hanno cercato di sfuggire al reclutamento militare e alle guerre per il mantenimento delle colonie africane. Non bisogna dimenticare che il Portogallo è stato l’ultimo paese ad abbandonare il sistema del colonialismo. Di conseguenza, per alcuni decenni ha dissanguato le fasce più giovani, perse tanto nei summenzionati combattimenti quanto nel tentativo di sfuggirli.
Negli ultimi anni, tuttavia, in particolare con la fine della dittatura militare e del colonialismo, da un lato, e gli ingenti investimenti dell’Unione europea, dall’altro, il Portogallo è diventato un paese di attrazione per un numero considerevole di immigrati. Tra i luoghi di origine, i primi sono le ex colonie, oggi paesi lusofoni in Africa: Angola, Mozambico, Capo Verde, Sao Tome e Principe, Guinea.
Ma è entrato in Portogallo anche un buon numero di brasiliani, rumeni, ucraini e altri provenienti da diversi paesi dell’Europa orientale. Per alcuni di essi il Portogallo è un luogo di passaggio, un trampolino di lancio verso altri paesi in Europa e persino verso gli Stati Uniti.
Un caso emblematico: la parrocchia di Amora
La stragrande maggioranza di questi migranti è impiegata nell’edilizia, in lavori domestici o in servizi generali come pulizie pubbliche e private, assistenza agli anziani e/o ai malati, ristoranti e hotel, negozi e bar, giardinieri e così via.
Altri si avventurano da soli, come liberi professionisti, sia nella micro-vendita che nella vendita ambulante di vari tipi di prodotti. Un esempio emblematico della presenza di stranieri in Portogallo: dei 700 bambini iscritti quest’anno alla catechesi della Paróquia Bem-aventurado João Batista Scalabrini ad Amora, diocesi di Setúbal a Lisbona, circa la metà sono figlie di immigrati o immigrati stessi.
Anche indicato è il caso di una scuola politecnica nella città di Bragança, nel nord del Portogallo, al confine con la Spagna. Lì abbiamo tenuto un incontro con un centinaio di studenti e insegnanti. Al momento, questa scuola aveva non meno di duemila studenti di oltre 70 diverse etnie. Gli studenti provengono, tra l’altro, dalle regioni lusofone del continente africano, dai paesi dell’Europa orientale, dell’America Latina e del Medio Oriente.
Alfredo J. Gonçalves, cs