Migranti nel silenzio globalizzato
Una folla senza volto alimenta in tutto il mondo un’economia nascosta. La riflessione di padre Alfredo Gonçalves, missionario scalabriniano e e responsabile della pastorale migratoria dell’arcidiocesi di Rio de Janeiro, in Brasile
La globalizzazione ha i suoi agenti rinomati, i suoi marchi di fama mondiale, il suo marketing accattivante e le sue reti capillari in tutto il mondo. Ha anche le sue nuove strade della seta, attraverso le quali circolano il volume del capitale e l’insieme delle merci, collegando Oriente a Occidente, Sud e Nord, le economie centrali ai paesi periferici e/o emergenti. Attraverso internet, ha anche le sue reti di comunicazione virtuali, create a sua immagine e somiglianza.
Una folla senza nome
Tuttavia, accanto a queste figure che sfilano oggi sul palcoscenico illuminato, la globalizzazione ha anche backstage oscuri, labirintici e tortuosi. Attraverso questi percorsi bui, milioni e milioni di persone si muovono, cercando di costruire un domani meno doloroso e brutale. Quasi sempre invisibili e inosservati, a volte emergono dai sotterranei della società, con manifestazioni momentanee ed eloquenti, attraverso il crocevia inospitale delle strade. Un vero grido che sale verso il cielo.
È una folla senza nome, senza volto, senza indirizzo fisso e senza orizzonte. Sono migranti, rifugiati, profughi, esiliati, espatriati, apolidi, gente di mare, lavoratori temporanei o itineranti – persone che viaggiano sulla scia di ricchezza e tecnologia, beni e informazioni, mega-imprese e rotte turistiche. All’ombra dell’economia formale, marciano clandestinamente eserciti di lavoratori senza documenti legali; marciano su un percorso sempre più complesso che spesso si interseca e fa da ponte con le strade reali del denaro e del reddito.
Una storia di migranti non sempre raccontata
Moltitudini che cercano di superare tutti i tipi di avversità, rompono ostacoli, leggi e frontiere, creando un’economia sommersa ma non meno estesa in ogni angolo del mondo. Diffondono prodotti che, in larga misura, prendono in prestito marchi famosi e affermati, realizzando ogni tipo di merce in un commercio che corre parallelo a quello dell’economia ufficiale. Un’attività intensa e vivace, ma allo stesso tempo silenziosa e silenziata. Una storia di migranti non sempre raccontata.
Per coloro che sono in procinto di fuggire, che si tratti di guerre, povertà o disastri climatici, è necessario affrettarsi. Non c’è tempo da perdere. Devono rifarsi una vita il prima possibile. La vergogna delle mani vuote è spesso l’incubo del migrante. Per questo motivo, e a causa di una situazione di estrema vulnerabilità, gli stranieri senza lavoro diventano facili prede di un reclutamento non solo per il commercio informale ma a volte anche per il traffico di droga, armi e persino esseri umani.
Un unico semplice desiderio
La stragrande maggioranza non desidera altro che lavoro, tetto e pane. Una semplice patria che possa accogliere e ospitare il sogno di un futuro meno tumultuoso. Tuttavia, nonostante la forte disponibilità ad accettare lavoro, raramente trovano le porte aperte. Evitati dal palco pieno di luce, colore e suono si nascondono dietro le tende, cercando dietro le quinte ciò che è loro legalmente negato alla luce del sole.
Quali altre alternative costruire? Come sviluppare relazioni umanamente giuste e solidali tra i paesi di origine e quelli di destinazione? Invece di muri, che tipo di ponti costruire tra le sponde? E come, tra i luoghi di partenza e quelli di arrivo passando per le barriere del transito, rispettare i diritti e la dignità della persona umana?
Alfredo J. Gonçalves, cs