Marisol, il coraggio della verità

Quattro anni fa veniva ritrovato il corpo di Marisol Castro, laica scalabriniana uccisa per aver denunciato i traffici di migranti e di droga nel territorio di Nuevo Laredo, in Messico

Sono trascorsi quattro anni dalla morte di Marisol Castro, laica scalabriniana uccisa a Nuevo Laredo, in Messico, il 24 settembre 2011. Era stata sequestrata tre giorni prima mentre usciva dalla redazione di Hultima Hora, il giornale in cui lavorava e dal quale denunciava i traffici di persone e droga che flagellano tuttora il territorio di Tamaulipas. Il suo corpo fu fatto trovare come un monito: decapitato, seminudo e vicino al monumento d’ingresso alla città.

Il coraggio e l’umiltà di guardare più in là

Ricordandola in una sua lettera Matteo Luison, chierico scalabriniano e studente di teologia, dice che quello di Marisol «è stato un cammino concreto di una persona che, con la sua essenza, la sua storia e le sue circostanze, ha avuto il coraggio e l’umiltà di guardare più in là del suo piccolo mondo lasciandosi interpellare dalla realtà. Una realtà che le parlava di persone migranti alla ricerca di una vita dignitosa; del bisogno di essere accolti in un mondo di indifferenza e diffidenza».

Maria Isabel Macias Castro era nata a Nuevo Laredo il 15 luglio 1972 e aveva poi trascorso l’infanzia in una povertà estrema. Subito segnata da un cammino di sofferenze, aveva poi trovato il coraggio di superare prove come l’amputazione di una gamba a seguito di un incidente (fatto grave e invalidante per tutti, specialmente per mamma di due figli abbandonata dal marito); o la malattia della sorella, che muore di leucemia malgrado la sua donazione di midollo.

Reagendo con vigore era riuscita ad entrare nella redazione di Hultima Hora, il giornale della città, divenendone in breve tempo redattrice indispensabile. Poi l’incontro decisivo che dà vita a un cambiamento profondo. All’avvicinamento scettico alla Casa del Migrante Nazareth seguono una maturazione e una convinzione che non la lasceranno più, portandola a studiare e ad approfondire il problema migratorio. Si converte letteralmente alla causa delle migliaia di uomini, donne, bambini migranti, che vivono una condizione drammatica. Decisiva è la lettura della vita e degli scritti del beato Giovanni Battista Scalabrini.

Uccisa per aver difeso la vita

«La sensibilità con la quale si è avvicinata sempre più alla realtà dei migranti ed il senso di responsabilità che l’ha portata ad un’opzione fedele e consapevole in loro favore e in favore di tutti coloro che vivono il dramma dell’abbandono e dell’indifferenza sociale e politica – scrive ancora Luison – Ha vissuto con forza sempre maggiore l’allegria di servire, di aiutare, di porre le proprie conoscenze ed energie in favore dei migranti».

Marisol, sequestrata il 21 settembre, è morta proprio come Giovanni Battista: decapitata per aver annunciato la verità e la giustizia, per aver difeso la vita. L’eco suscitata dalla tragica notizia dimostra una reazione profetica e di speranza; che la morte di questa donna non è stata vana.

La Redazione