Pastorale sociale e pastorale migratoria: due sorelle gemelle
Alla fine del XIX secolo la sollecitudine di papa Leone XIII e del beato Scalabrini porta alla nascita due nuove forme di sostegno a lavoratori e migranti più che mai attuali. L’articolo di padre Gonçalves, vicario generale della congregazione scalabriniana
A cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, nel contesto della rivoluzione industriale, nel campo della mobilità umana si verificano alcuni «profondi e rapidi mutamenti», per usare un’espressione della Gaudium et Spes(GS 4).
L’emorragia migratoria
Secondo gli storici, tra il 1820 e il 1920 circa 65-70 milioni di persone lasciano il vecchio continente europeo, diretti verso le nuove terre delle Americhe, dell’Australia, della Nuova Zelanda. Limitandoci alla penisola italiana, tra il 1815 e il 1915, non meno di 25 milioni emigrarono dal suo territorio.
Nel decennio che va dal 1901 al 1910, la media annuale degli emigranti è di 600mila. L’anno 1913, a sua volta, rappresenta il record delle partenze: oltre 850mila persone. In misura minore o maggiore, diversi paesi hanno subito la stessa emorragia: Irlanda, Inghilterra, Germania, Spagna e Portogallo tra gli altri.
Il secolo del movimento
Alcuni storici hanno definito il diciannovesimo secolo il secolo del movimento. Movimento inteso in due aspetti: della gente, dalla campagna alla città o verso altri continenti; e delle macchine, come il treno, l’automobile, la nave e, più tardi, l’aereo.
Per quanto riguarda le conseguenze sociali (da una parte) della rivoluzione industriale e (dall’altra) dei movimenti di massa degli sfollati, sono due i personaggi le cui vicende si intrecciano alla fine del XIX: il pontefice Leone XIII e il vescovo di Piacenza, monsignor Giovanni Battista Scalabrini.
Mentre il primo era preoccupato per lo sfruttamento dei lavoratori nelle fabbriche che sorgevano ovunque, il secondo si è dedicato quanti, non riuscendo a lavorare nel vecchio continente, si vedevano costretto ad attraversare l’Atlantico in cerca di un futuro migliore.
Le congregazioni per i migranti
Nel 1887 Scalabrini fondò la Congregazione dei Missionari di San Carlo per accompagnare gli emigrati italiani nel mondo. Nel 1895, insieme a Madre Assunta e padre Marchetti, fondò la Congregazione delle Suore di San Carlo per lo stesso scopo.
Nel corso del tempo, entrambe le congregazioni avrebbero ampliato il proprio campo per soddisfare tutti i migranti, i rifugiati, gli espatriati, i marinai, in breve tutto il mondo della mobilità umana (non bisogna dimenticare che Scalabrini aveva già fondato un Istituto laico per i diritti degli emigranti).
Una doppia sensibilità
Nel maggio 1891 papa Leone XIII pubblicò l’enciclica Rerum Novarum sulla condizione dei lavoratori. Il testo passerà alla storia come documento inaugurale della cosiddetta Dottrina sociale della Chiesa.
Mentre la Chiesa, nella persona del pontefice, è sensibile alla situazione dei lavoratori nel vecchio continente, l’interesse di Scalabrini per quelli nel nuovo rivela che la sensibilità e la sollecitudine pastorale nei confronti degli operai nasce contemporaneamente alla sensibilità e alla sollecitudine pastorale nei confronti degli emigrati. Quella che più tardi sarebbe diventata la pastorale sociale è dunque sorella gemella di quella che in seguito sarebbe diventata la pastorale dei migranti.
Verso la cultura della solidarietà
Un ritorno a questa doppia origine è una luce per leggere e comprendere le sfide del mondo di oggi. Sfide dell’ordine sociopolitico ma legate agli scenari delle narrazioni migratorie.
Lo studio della storia è il miglior antidoto a quella che papa Francesco definisce una “cultura dell’indifferenza” in relazione ai problemi del presente e alla responsabilità per il futuro. In senso lato, il servizio pastorale dei migranti è radicato in questa duplice fonte di energia, o doppia solidarietà evangelica. Si tratta di passare dalla globalizzazione dell’individualismo alla cultura della solidarietà.