Quaresima 2021. Padre Chiarello invita a guardare a san Giuseppe
Nel suo messaggio in preparazione alla Pasqua, ispirato alla Patris corde di papa Francesco,il superiore generale scalabriniano parla di coraggio, accoglienza e forza nella debolezza
«La vita si fa più scomoda quando si aprono le porte, ma si fa anche più piena. Prendendo Maria con sé, Giuseppe è vissuto in casa con Gesù», si legge nel messaggio per la Quaresima 2021 del superiore generale della congregazione scalabriniana, padre Leonir Chiarello.
Di sogno in sogno
Se lo scorso anno il messaggio del superiore generale tematizzava il dialogo (con il documento Conversione al dialogo, dialogo di riconciliazione), quest’anno il documento prende invece spunto dalla riflessione di papa Francesco sulla figura di san Giuseppe, affidata alla lettera apostolica Patris corde. Nel suo Di sogno in sogno padre Chiarello raccoglie, elaborandoli, alcuni aspetti della figura del santo per delineare un cammino verso la Pasqua.
«Vivendo a fianco dei migranti, dobbiamo saper indicare loro la vera meta del loro sogno – si legge nel testo – Nessun Egitto può essere la patria, né per loro né per noi. Il non ancora a cui aspirano e che sogniamo ci deve dare la leggerezza della precarietà. Là dove siamo rimasti troppo a lungo siamo diventati poco significativi, esemplari e specifici».
Il tesoro nella debolezza
La Quaresima che ha quest’anno ha inizio il 17 febbraio, con la solennità del Mercoledì delle Ceneri, e si concluderà con la Domenica di Pasqua del 4 aprile, è anzitutto un cammino, e come tale ci invita a guardarci intorno per accorgerci che altri sono in movimento con noi.
«Ci sono molti migranti la cui vita è in pericolo, che cercano di mettersi in salvo. Il nostro lavoro a fianco di chi cerca asilo si è rivelato a volte significativo, importante, a volte difficile. Non sempre siamo attrezzati per essere loro di aiuto. (…) Abbiamo imparato che “la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza”. (…) Pensiamo di aver fatto qualcosa di rilevante nella vita grazie alle nostre capacità. (…) Ma sono le nostre debolezze che manifestano la gloria di Dio, sono le nostre debolezze il nostro vero tesoro.
Proviamo a portarle in superficie e scoprire come qualcosa di buono sia avvenuto quando in realtà eravamo meno agguerriti, meno sicuri, più titubanti. Quando, coscienti della debolezza, abbiamo chiesto aiuto, coscienti della debolezza ci siamo affidati alla sua misericordia».
Accoglienza e coraggio
«La vera conoscenza nasce dall’errore quando è riconosciuto come errore. Non dobbiamo aver paura degli errori. Dobbiamo aver paura di non imparare. Impariamo quando accogliamo la nostra storia come cammino di grazia, in cui Dio è intervenuto per rendere fertile la nostra aridità. Spesso, infatti, non dobbiamo pentirci di quello che abbiamo fatto, ma di quello che non abbiamo fatto (…) Le decisioni sono frutto di una storia, a volte sono inevitabili».
«Non c’è da vergognarsi ad aver paura, c’è da temere se alla paura non si risponde con il coraggio. Se c’è una cosa che dobbiamo imparare dai migranti è proprio il coraggio. Ci vuole coraggio a lasciare la propria famiglia, la propria terra, l’ambiente e la lingua e andare in un luogo sconosciuto, tra gente estranea, con cui non ci si capisce. Al loro confronto, il coraggio richiesto a noi, che possiamo contare sulle sicurezze del gruppo, sembra poca cosa. In comune, deve restare la capacità di “trasformare un problema in un’opportunità, anteponendo sempre la fiducia nella Provvidenza” (…). San Giuseppe, umile e silenzioso sognatore, ci accompagni in questo tempo di grazia».