Tra il 1820 e il 1920 furono quasi 70 milioni i lavoratori europei costretti a lasciare il continente
Lo ricorda padre Alfredo Gonçalves, vicario generale della congregazione scalabriniana, nelle sue riflessioni sull’indifferenza dei paesi europei nei confronti di quella che viene definita “crisi migratoria”
Di fronte a quella che le autorità, l’opinione pubblica e i mass media chiamano crisi migratoria o crisi umanitaria, i membri dell’Unione europea restano indifferenti, divisi e armati. Non sanno cosa fare. O meglio, nascosto dietro una serie di riluttanze ogni paese persegue i propri interessi, pressato dagli atteggiamenti nazionalisti, intolleranti e razzisti di alcune frange della popolazione.
Il valore dell’accoglienza dello straniero
Il vecchio continente continua a ignorare alcuni passaggi fondamentali della sua storia. Secondo gli storici tra il 1820 e il 1920, a causa delle turbolenze della rivoluzione industriale, quasi 70 milioni di lavoratori hanno dovuto lasciare l’Europa.
Di questi, 27 milioni provenienti dalla sola penisola italiana. Questi emigranti furono ricevuti negli Stati Uniti e in Canada, Brasile, Argentina, Cile e Colombia, Australia e Nuova Zelanda. Una volta arrivati, contribuirono in modo decisivo al destino di questi paesi.
Tra i diritti fondamentali dell’uomo, quello di (non) migrare
Altro passaggio è la Dichiarazione universale dei diritti umani, firmata a Parigi nel 1948. Diritto alla vita, alla salute, alla scuola; diritto al lavoro, a una famiglia e a un tetto sopra la testa. Diritto di andare e venire, corrispondente al diritto di restare; diritto di affermarsi come cittadino di un paese.
Diritto di espressione e organizzazione; diritto al riposo e al tempo libero; ma anche il diritto di congiungersi ad altri popoli, aggiungendo e moltiplicando la conoscenza, in vista di un’umanità sempre più ricca e plurale nel suo patrimonio culturale e religioso.
Da qui la naturale tendenza allo scambio e alla condivisione di tecnica, progresso, prodotti diversi e forme varie di sviluppo. Uno scambio che può certamente condurre a conflitti ma che, allo stesso modo, porta la possibilità della pace nel mondo.
P. Alfredo J. Gonçalves