Sulle orme di Scalabrini
Una riflessione di padre Graziano Battistella, segretario generale della congregazione scalabriniana
Il 2 aprile 2022, durante il ritiro quaresimale delle comunità romane dei missionari scalabriniani, il segretario generale e postulatore della congregazione padre Graziano Battistella ha offerto ai suoi confratelli una sua riflessione sul tema della santità. Ve ne proponiamo alcuni estratti, in occasione dell’Anno Scalabriniano.
La ricerca della santità
«Scalabrini è il nostro padre. E quando i fratelli si incontrano per parlare del padre, si incontrano per ricordare. Però noi siamo nel contesto dell’Anno Scalabriniano. (…) Quindi il tema obbligato della nostra riflessione è “Come seguire le orme di Scalabrini?” (…) dobbiamo seguire Scalabrini nella sua ricerca di santità».
Affrontando il tema della santità, la quale potrebbe facilmente essere interpretata come una questione marginale di fronte a «problemi più seri» come quello della guerra, padre Battistella ha delineato un percorso di ritorno alle radici che prende avvio dalla consacrazione, che i missionari scalabriniani esprimono attraverso una professione (una dichiarazione pubblica).
“Qual è il tuo mestiere?”
«La consacrazione non finisce al momento della dichiarazione, deve diventare “mestiere”, qualcosa che si esercita quotidianamente e in pubblico. Uno potrebbe domandarci “Qual è il tuo mestiere?” e la risposta dovrebbe essere “Sono un consacrato”».
Una risposta che, chiarisce padre Battistella, esprime un «essere nel fare»: l’obiettivo è quello di conseguire la perfetta carità (la santità, appunto) nel servizio apostolico dei migranti. Elemento caratterizzante la specificità della vocazione scalabriniana però è proprio Scalabrini, che ha indicato il modo di vivere questo particolare servizio con il suo stesso esempio, con il suo accorgersi che «i migranti erano costretti a farsi altri» (cioè a diventare qualcosa di diverso da sé per poter sopravvivere) e si è impegnato perché potessero essere trattati come tutti, e raggiungere una «similitudine» non solo più dignitosa, ma superiore.
Tre aspetti della santità
Santità come alterità, e santità come tensione alla completezza: la santità è incamminarsi verso il proprio compimento (è così che bisogna interpretare l’invito di Gesù alla perfezione). Scalabrini presenta insistentemente questa aspetto di desiderio della meta, richiamando il continuo slancio per raggiungere la santità.
«A modo loro i migranti sono spinti da una mancanza di compimento, dal bisogno di trovare quello che a loro manca. (…) La loro ricerca deve sostenere la nostra ricerca (…) e allo stesso tempo la nostra ricerca deve orientare la loro ricerca verso una completezza sempre superiore».
Questo compimento non lo si raggiunge però attraverso il riempimento, ma attraverso la spoliazione (la kenosis). «La migrazione nasce dallo svuotamento, dalla mancanza dell’essenziale, dalla privazione. Si tratta di una privazione costretta, subita, ma a tutti gli effetti i migranti la loro kenosis l’hanno già avuta (…) e cercano di superarla».
Alcuni orientamenti concreti
A livello pratico la via scalabriniana alla santità si traduce in alcuni orientamenti concreti che i tre istituti hanno trascritto nel testo base della Traditio (recentemente rielaborato), in cui i termini alterità, compimento e kenosis vengono sostituiti da altrettante espressioni che incarnano dimensioni operative che rafforzano la fedeltà creativa al carisma: accoglienza, itineranza e comunione nella diversità.
Rinviamo al video disponibile su Scalabrini Press, la pagina Facebook istituzionale della congregazione scalabriana, per ascoltare la meditazione di padre Battistella nella sua interezza.